un racconto scritto da Paolo Murino

Essere uno scolaro di prima elementare non è un impegno da prendere alla leggera. Perché andare tutti i giorni a scuola con l’obiettivo di imparare sempre di più, in un modo mai fatto prima d’allora, può risultare faticoso per molti bambini di prima elementare, o noioso per altri.

I primi mesi di scuola, per il nostro Michele furono molto divertenti e interessanti: per lui, curioso per natura, avere a che fare con tutte quelle novità, tutte diverse, l’essere con altri ventidue bambini ad ascoltare, disegnare, cercare di scrivere le prime lettere dell’alfabeto, giocare nel cortile, era, tutto sommato, un’esperienza esaltante.

Ma, quando la scuola cominciò a diventare abitudine, Michele prese ad essere distratto e, appena entrato in classe, cominciava a guardare fuori le finestre, sentendosi come catturato da altri pensieri.

Se a casa era sempre lo stesso bambino, vivace e attento, a scuola, da entusiasta che era nei primi giorni, era diventato un po’ assente, tanto da partecipare molto poco alle lezioni. Le maestre, allora, chiamarono Monica ed Ernesto, i genitori di Michele, con l’intenzione di cercare con loro il modo di restituirgli l’allegro entusiasmo dei primi giorni.

Così, Monica ed Ernesto, un po’ preoccupati, si recarono a parlare con le maestre: con la maestra Paola e la nuova maestra Laura. Quest’ultima era arrivata a scuola solo il giorno prima, era molto giovane, paffutella e con dei buffi occhiali tondi, che ogni tanto si aggiustava con la mano sinistra, mentre prendeva appunti in silenzio. Gli altri parlavano e lei ascoltava con attenzione e scriveva in un quadernetto rosso. Aprì bocca solo per fare alcune domande su Michele: sulle cose che lo entusiasmavano, sui giochi e i divertimenti da lui preferiti.

Durante il ritorno verso casa, Ernesto teneva una mano sulla spalla di Monica e la rassicurava:

“Vedrai, Michele ritroverà il piacere di andare a scuola. Magari, noi possiamo provare ad incoraggiarlo e a cercare di interessarci di più riguardo a quello che fa in aula e… bisognerebbe fargli capire quanto siamo interessati a ciò che fa.”

Così Michele, il giorno dopo, anche se non non era andato via da casa felice e contento come era solito fare fino a nemmeno una decina di giorni prima, al ritorno da scuola si presentò con un bel sorriso. La mamma l’accolse sulla porta e cominciò a fargli delle domande per capire cosa fosse successo per vederlo, finalmente, di nuovo così allegro.

“Finalmente! Oggi ti vedo tornare contento da scuola!”

“Sì, perché oggi mi sono divertito e ho imparato cose fantastiche!”

“Davvero? E quali, Michi?”

“Ho una nuova maestra che si chiama Laura. È così giovane che fino a poco tempo fa era una scolara come noi; è molto divertente, sai…”

“Beh, avrà finito da poco l’università; era una studentessa, non una scolara delle elementari come siete voi bambini. Però… non sarà proprio la stessa cosa, ma, in fondo, hai ragione tu, lei è veramente molto giovane. Ma dimmi, ti piace? Ti sembra brava?”

“Oh, sì, è molto brava. Visto che c’era il sole, ci ha portato in cortile. Ci ha fatto correre per un po’, poi ha cominciato a raccontarci molte cose. Mi ha chiesto se era proprio vero che a me piace molto la Storia ed io ho risposto che mi piace il mondo dei cavalieri, delle città piene di torri come la nostra, che ha anche un castello e lei… lei ci ha spiegato cos’è… la Storia!”

“Come sarebbe a dire che vi ha spiegato la Storia?”

“Sì, ci ha spiegato cosa impareremo di Storia a scuola, ora che siamo piccoli, ma anche cosa studieremo da grandi, all’università… come dici tu.”

“Interessante… e dimmi allora cosa studiate e cosa studierete…”

“Beh… prima di tutto ci ha fatto vedere le sue foto.”

“Le sue foto?”

“Ci ha fatto vedere le foto sue e della sua famiglia: di quando era piccola e piccolissima, le foto dei suoi genitori, dei suoi nonni e queste non erano a colori, perché erano foto vecchie; poi, ci ha mostrato altre vecchissime, così sciupate da non vedersi bene, dei suoi bis e trisnonni! Poi ci ha spiegato che in quelle foto c’è la storia della sua famiglia, ma che si può andare ancora più indietro nel tempo, fino a conoscere quelli che si chiamano avi, che sono i bisnonni dei bisnonni dei bisnonni. Ed anche se non ci sono fotografie delle facce di quelle persone -perché la fotografia è un’invenzione moderna… perché mica al tempo dei cavalieri si scattavano delle foto!- si possono conoscere molte cose sui tempi antichi e antichissimi.”

“Quindi la Storia non si impara tutta dalle fotografie…”

“Certo, brava Mamma! La maestra Laura ha spiegato che ci sono altre cose che aiutano a conoscerla, ma più si va lontani nel tempo, più è difficile trovare le cose che ci parlano degli avi…”

“Molto interessante Michi, ma fammi capire di più, di queste cose che parlano a noi dei nostri avi; cos’è che ci fa conoscere la loro Storia?”

“La maestra Laura ha portato tutti noi della classe in cortile e ci ha fatto vedere che, tra l’erba delle aiuole, si possono trovare dei cocci e delle pietruzze, che, certe volte, è tutto quello che è rimasto del passato. Ha raccontato che ci sono poi questi scienziati, che si chiamano archeologi, che studiano queste cose e rimontano i cocci, come noi facciamo con le costruzioni, e riescono a capire come la gente, di tanti ma tanti anni fa, viveva. Poi, sempre questi archeologi, confrontano i loro studi con le pitture e le sculture nelle chiese e nelle case antiche. Ci sono archeologi che studiano il medioevo, che era il tempo dei cavalieri, chi studia i Romani e chi gli Etruschi. La nostra città c’era già al tempo degli Etruschi, che erano un popolo molto antico, ma a cui piaceva vivere come noi moderni, o quasi…”

Dunque ti ha molto interessato ciò che ti ha insegnato la maestra Laura?”

“Moltissimo! E… quando siamo rientrati in classe, la maestra Laura ci ha fatto vedere un documentario sulla tv, dove si vedevano gli archeologi lavorare: scavavano con le pale e trovavano cose bellissime sottoterra. Un archeologo con la barba aveva trovato un carro da guerra etrusco che poi è stato aggiustato, pulito e montato. Ora è in un museo, ed era una cosa luccicante, bellissima! Quando noi della classe abbiamo fatto ricreazione, siamo usciti di nuovo in cortile e abbiamo cominciato a scavare come dei veri archeologi nelle aiuole. Il bidello, però, non sembrava molto contento e ci ha cacciato urlandoci dietro!”

“Non ve la siete presa a male, spero… anche perché conosco il vostro bidello, il signor Nino: di solito è una persona così gentile…”

“Sì, è vero, ma stavolta si è arrabbiato molto, perché abbiamo preso gli attrezzi nella casetta in cortile e cominciato a scavare. Abbiamo fatto delle belle buche e trovato anche dei cocci! Poi è arrivato Nino, che ci ha fatto posare tutto e ci ha mandato via. Ha chiamato anche la maestra Laura che, quando ci ha visti con le pale e ha visto le buche nella terra, ha spalancato gli occhi e la bocca, facendo poi una faccia quasi arrabbiata; ma io ci scommetto che le veniva da ridere, ma non voleva farsi vedere. Si è messa un quaderno davanti la faccia e ci ha riportato in classe. Una volta dentro, ha guardato i cocci che abbiamo trovato ed era molto interessata, però ha detto che erano cose troppo moderne per essere preziose. Dopo, ha fatto un sospirone e ci ha spiegato che, in Italia, solo gli archeologi con dei permessi speciali possono scavare, anche perché tanti lo fanno di nascosto e non è per niente una cosa buona: non sono attenti come gli scienziati e possono rompere quelle cose antiche e preziose, possono anche rubarle -se sono dei ladri- portando via tesori che dovrebbero essere studiati -per farci conoscere meglio la Storia- e poi messi nei musei. In questo modo tutti possono vedere quelle cose meravigliose che hanno fatto gli avi… La maestra Laura ha detto che, se facciamo vedere a tutte le maestre che siamo bravi e disciplinati, ci porta al museo degli Etruschi, a Volterra!”

“Vorresti vedere il Museo degli Etruschi?”

“Certo, piacerebbe anche agli altri miei compagni di scuola e vogliamo proprio andarci… ma, io sono il più appassionato di tutti alla Storia, quella medievale -sai, quella dei cavalieri- e quella degli Etruschi.”

Michele mangiò qualcosa molto velocemente e uscì di corsa nel cortile di casa. La mamma, dopo qualche minuto, non sentendo il solito parlottio di Michele, diede un’occhiata verso l’esterno, dalla portafinestra.

Il bambino, con una paletta e un secchiello da spiaggia, era insieme al suo amico Fulco; stavano facendo dei buchi nell’aiuola del cortile. Lavoravano in silenzio, con molta attenzione e serietà; ogni tanto Michele faceva segno, con l’indice, verso qualcosa, e i due iniziavano lentamente a scavare.

“Michele cosa stai facendo con Fulco?”

“Oh, mamma, non ti preoccupare! Ho deciso di diventare archeologo, ma con tutti i permessi. Sono già il direttore di questo scavo e forse abbiamo trovato qualcosa da portare al museo, quando andremo in gita!”

Born and raised in Pisa, Paolo Murino has been living in Milan since 1981. He worked as an art director and copywriter. He published Due pard, a noir novel, and a short story in a collection of Milanese noir authors, Ladri a Milano Vol. II. He works as an editor and ghostwriter for 99Edizioni and Rosso China.For nearly two decades he coached children, ages five to eight, of a historic rugby team in Milan. His young players grew up listening to his entertaining and motivational tales.


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Photo credit: Rina Mskaya, istockphoto

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